COSA FARE QUANDO IL MEDICO CHIRURGO ESTETICO SBAGLIA?

Recentemente mi sono sottoposta a un intervento di chirurgia estetica al seno, il cui esito è stato un disastro, cosa devo fare per avere un risarcimento del danno?

Di seguito riporto le risposte ad un quesito sottopostomi da una lettrice, ripresi da una rubrica che tenevo su un giornale anni fa che può essere utile sia per non addetti ai lavori e sia per i professionisti.

La domanda formulata dalla lettrice ci permette di approfondire un tema che, purtroppo, può riguardare ognuno di noi ed è quello della cosiddetta malasanità.

Un medico prima di eseguire un intervento chirurgico si dovrebbe porre queste domande:

1) E’ necessario operare?

2) Sono in grado di svolgere diligentemente questa operazione?

3) Che probabilità esistono che l’intervento possa riuscire?

4) Il paziente è in grado di sopportare questo intervento?

5) Quali possono essere le controindicazioni?

A volte nella pratica chirurgica e in particolare in quella estetica, qualche chirurgo estetico (per fortuna pochi) pur avendo delle riserve mentali, sull’esito positivo dell’intervento, non esplicita al paziente tutte le potenziali conseguenze negative dell’intervento a cui lo stesso vuole sottoporsi, perchè ha un interesse a praticare il maggior numero di interventi possibile.

In particolare nella chirurgia estetica, talvolta il chirurgo si limita a verificare semplicemente che l’operazione non abbia ripercussioni negative sulla salute del paziente e, qualora i rischi in tal senso siano esigui, si decide di intervenire, senza chiarire adeguatamente a voce, che l’operazione potrebbe si, riuscire nell’intento promesso, ma potrebbe presentare anche alcune controindicazioni inerenti l’esito dell’operazione, ovvero ad esempio: la presenza di cicatrici, la necessità della sostituzione futura delle protesi, l’impossibilità soggettiva di sopportarle, l’eventuale errore chirurgico potrebbe non essere più riparabile, o infine, che la situazione ex ante potrebbe non essere più ripristinabile, in caso di ripensamenti.

Quindi la prima cosa che deve fare il paziente che si ritenga danneggiato è verificare se gli è stato fatto sottoscrivere dal chirurgo, un consenso informato e se lo stesso riporti chiaramente le principali controindicazioni dell’intervento, perchè diversamente la condotta del medico sarebbe già di per sè colpevole.

Quanto alla responsabilità del medico, questa è sancita dall’art. 2236 c.c., che precisa che il chirurgo risponderà solo per dolo o colpa grave, se la prestazione effettuata implichi la soluzione di particolari difficoltà tecniche, mentre negli altri casi, la responsabilità professionale, del prestatore d’opera intellettuale, sarà valutata sulla base del parametro più restrittivo, della semplice colpa.

In particolare, la colpa semplice, secondo una parte della giurisprudenza, si rileva in presenza di errori tecnici dovuti a mancanza di cognizioni tecniche e/o di esperienza professionale, ma più in generale il medico risponderà comunque di quegli eventi nei quali è stato tenuto un comportamento negligente.

Va precisato inoltre che l’opera posta in essere da un chirurgo rientra generalmente nell’ambito di un’obbligazione di mezzi e non di risultato (in quanto il professionista, assumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera intellettuale solo al fine di raggiungere il risultato sperato, ma non ne garantisce l’esito), tuttavia una frangia, sebbene minoritaria della giurisprudenza di merito, considera l’obbligazione del chirurgo estetico come impegnativa a garantire anche un risultato (Cass. 25.11.1994 n. 10014, FI, 1995, I, 2913), sebbene in tale sentenza si precisi poi che l’obbligazione in questione debba comunque essere rapportata al progresso raggiunto ed alle tecniche operatorie utilizzate ed esistenti, relativizzando quindi il concetto “di risultato”, a ciò che era prevedibile all’epoca dei fatti.

La responsabilità del medico ha inoltre una duplice natura in quanto può essere inquadrata nello stesso tempo sia nell’ambito della responsabilità contrattuale, sia nell’ambito di quella extracontrattuale, qualora il medico abbia effettuato con colpa o dolo l’intervento (art. 2043 c.c.).

Le differenze tra le due fattispecie che rilevano, nel nostro caso, sono principalmente collegate alla prescrizione, ovvero nell’ultimo caso la responsabilità civile (o extracontrattuale), si prescrive in cinque anni, mentre nel primo caso, in dieci anni. Si fa inoltre presente che in caso di responsabilità contrattuale, qualora la giurisprudenza qualifichi l’obbligazione del chirurgo estetico (ipotesi più di scuola che di sostanza), come obbligazione di risultato (ovvero qualora si intenda che il chirurgo sia tenuto a garantire l’esito positivo dell’intervento), e quest’ultimo non venga conseguito, ne deriva che denuncia del vizio deve essere effettuata, a pena di decadenza, entro 8 giorni dalla scoperta dello stesso e comunque non oltre un anno dalla data dell’intervento ex art. 2226 c.c.. Tali considerazioni tecnico giuridiche sono un po’ complesse (e da interpretare sulla base di alcune leggi specifiche), ma per arrivare al dunque, per i motivi sopra esposti si consiglia la lettrice di denunciare subito l’esito dell’intervento cercando comunque di non far superare i cinque anni.

Altro errore che non si deve assolutamente commettere è di farsi sottoporre a un nuovo intervento riparatore, prima che sia intervenuta una perizia preliminare da parte di un consulente tecnico nominato da un Tribunale, il costo di tale accertamento tecnico preventivo (ATP) non è esoso è viene esperito in tempi brevi (2/3 mesi mediamente) e permette immediatamente di verificare le responsabilità del medico.

Da ultimo si fa presente che sia i medici, sia le cliniche, sono entrambi assicurati, per cui di solito ci si riesce a far pagare direttamente dalle Assicurazioni e non si ha a che fare con i medici che hanno operato. Solo se si dovesse arrivare ad una causa, sarà necessaria la presenza di tutte le parti, tenuto conto che la prevalente giurisprudenza, considera la responsabilità del medico, solidale con la clinica ove si svolto l’intervento.

Questo orientamento è particolarmente favorevole al consumatore, perchè a volte, ove non possa intervenire l’assicurazione, lo stesso ha due soggetti aggredibili patrimonialmente ed ha quindi più possibilità di farsi risarcire i danni.

Si badi, che ai fini della competenza territoriale il paziente viene considerato alla stregua del consumatore, quindi indipendentemente dal luogo in cui viene effettuata l’operazione, il foro competente rimane quello di ove risiede il consumatore (Cass. civ. ord. n. 22133 del 02.11.2016) tuttavia se l’operazione avviene in un ospedale pubblico (mi viene in mente l’ipotesi di chirurgia ricostruttiva), competente sarà il luogo ove ha sede l’ospedale (Cass. civ. sentenza n. 18536/2016).

A regolare la materia della responsabilità civile in ambito medico è di recente intervenuta la c.d Legge Gelli (Legge n. 24, 8 marzo 2017), che all’art. 7 così dispone:

1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina.

3. L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 della presente legge e dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della presente legge.

4. Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo.

5. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme imperative ai sensi del codice civile.”.

La legge in questione spiega che i Medici per dimostrare l’assenza di colpa devono attenersi ai Protocolli scientifici che regolano la materia.

Ai nostri fini riprendiamo il passaggio inerente la qualificazione e quantificazione dei danni, di fatto ricondotti nell’alveo della tabelle applicate per la RCA, che prevedono rispetto al passato una riduzione del risarcimento liquidabile a favore del danneggiato.

Quanto ai danni risarcibili, questi sono sostanzialmente di due tipi ovvero: quelli patrimoniali (spese mediche, farmaceutiche, legali, ecc) e quelli non patrimoniali, tra questi ultimi oggi è possibile chiedere una personalizzazione aggiuntiva (rispetto al risarcimento base) del danno subito atta ad includere voci di danni un tempo definiti come danni morali, esistenziali, all’immagine e/o alla vita di relazione.

In ogni caso si consiglia, prima di intraprendere qualsiasi iniziativa personale, di consultare in via preliminare, un avvocato e un medico legale, che verifichi per tempo se ricorrono o meno i presupposti per ottenere una soddisfazione delle proprie pretese.

Avv. Massimo Colangelo

Pubblicato da Massimo Colangelo (Michelangelo Magnus - Movimento R.A.O. Reality Art Open)

Avv. Massimo Colangelo

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